lunedì 30 luglio 2012

GIORNALISMO BIOGRAFICO E DELLE MEMORIE LOCALI - UN CORSO IN QUATTRO ATTI


Anghiari 30 settembre 2011 – atto primo
La piana verso San Sepolcro si stende sotto i miei occhi. Filari di pioppi e salici forano le brume che ammantano i campi. La luce radente del sole inonda lo spazio esaltandone forme e profili. I rumori salgono ovattati sino a questo poggio e si perdono tra le mura antiche della città. Nell’aria tersa, la pietra risplende ocra. Come un gatto mi scaldo.


Anghiari 1 dicembre 2011 – atto secondo
Questa mattina le stanze, della casa sopra il porto, erano inondate dal sole. Con calma l’ho salutata ed ho chiuso la porta. Sono sceso tra gli stretti vicoli del borgo, sino al suo limitare, ed ho mollato gli ormeggi, allontanandomi dai boschi della costa prealpina. Ho volto la prua ad oriente, il sole in faccia, la barra tra le mani e gli occhi che scrutavano la lunga costiera alpina, immobile a fronteggiare la risacca di nebbie vaporose. È ora di puntare a sud, il mare padano inghiotte il vascello. Si naviga a vista, su fondali saturi di nebbia. Filari d’alberi fuggono come fantasmi, campi e capannoni mi inseguono. Riemergo lentamente, intravedo una nuova costa davanti a me. Mi insinuo con il vascello in un fiordo appenninico. Lo risalgo, tra campi arati e boschi di querce caparbie, che non vogliono lasciare le foglie ormai secche. Porto in rada il vascello oltre il colle, sulle sponde del Tevere.


Anghiari 8 marzo 2012 – atto terzo
Corro. Profumo di un bosco tagliato di fresco. Segatura sparsa tra le foglie secche. Tronchi abbattuti giacciono sui rovi. Effluvio di linfa che lenta sgorga dai vasi recisi. Ferite nel legno. Corro. Le zolle frantumate dal gelo si sbriciolano, la terra restituisce l’acqua che non serve, che avanza, e lenta scola nel fosso. Corro. Il solco tracciato dall’aratro sale dritto la china rivoltando terra. Campi pronti ad accogliere il seme. Suoli cangianti nel colore, dal nero organico del fosso sino al rosso argilloso del crinale. Corro. Respiro il profumo del bosco e dei campi mentre il corpo avanza, inseguendo piedi irrequieti.


Anghiari 3 maggio 2012 – atto quarto ed ultimo
La mietitrebbia è passata ora è il momento delle spigolatrici, con calma camminano tra le stoppie, lo sguardo attento. Gli occhi curiosi frugano a terra, ogni tanto si chinano per raccogliere il seme caduto. Lo puliscono, è gonfio e lucido. Lo ripongono nel grembiule. Come loro mi sento. Ho scoperto il piacere di cercare piccole storie, semi unici sparsi lungo i nostri percorsi quotidiani. Frammenti di vite altrui, memorie nascoste tra i luoghi e velate dal tempo. Ho scoperto il piacere di ascoltare e raccogliere queste piccole storie, cercando di farlo con cura ed attenzione. Ho scoperto la necessità di darmi delle regole per pulire e conservare i semi, per potere poi restituire e fare fruttificare. Mi sento una spigolatrice.



mercoledì 25 luglio 2012

ECCO LE MIE OROVIE - Intervista in Cammino a Davide Sapienza

"Una voce ferma e stentorea filtra tra i rami bassi degli abeti e si diffonde sotto la volta delle chiome sostenuta da lignee colonne viventi. Colma il silenzio accompagnata dal frusciare del vento e dal canto degli uccelli. Un piccolo gruppo di persone ascolta immobile, con attenzione, sembra quasi che l’aria vibri attorno a loro. Davide è appoggiato al tronco rugoso ed antico di una “paghera”, tra le mani tiene un libro e pacato continua la lettura. I suoi occhi scivolano dalle pagine ai volti di chi ascolta ed oltre, a scandagliare le ombre della foresta."
 
Sul numero di Orobie di agosto, giunto in edicola in questi giorni, c'è un mio articolo su un personaggio, uno scrittore molto particolare: Davide Sapienza e sui suoi "Cammini d'Autore".
Davide vive alle falde della Presolana, ogni volta che guarda dalla finestra di casa, il versante sud della nostra Regina gli si mostra in tutta la sua bellezza. Quindi è stato un piacere camminare con Davide sulla "nostra" montagna, fare due chiacchiere e condurre questa "Intervista in Cammino".

Camminare e sostare. Parlare. Con l'intento di cogliere il legame profondo tra la sua scrittura e la natura in cui ama immergersi, tra i luoghi in cui vive ed il suo sentirsene parte integrante.
Camminare, scrivere e leggere, per Davide non sono azioni disgiunte tra loro ma espressioni differenti di un unico vivere.
link utili: www.davidesapienza.net www.orobie.it

lunedì 23 luglio 2012

SOLITUDINE E SILENZIO


Da solo lungo l'autostrada
alle prime luci del mattino...
a volte spengo anche la radio
e lascio il mio cuore incollato al finestrino...
Lo zaino con l’indispensabile è pronto. Il desiderio di vivere una manciata di ore in solitudine e silenzio è lì che pulsa e non lo voglio più contenere. Salgo in moto e percorro la valle. Mi perdo ad osservare, come sempre, i profili dei monti di casa e nel mentre, una musica si fa spazio nella mia testa. Mi ritrovo a canticchiarne alcune strofe. Curva dopo curva si rinnova l’appuntamento con paesaggi conosciuti ma sempre differenti. Sulle labbra scivolano parole di una vecchia canzone, Giorgio Gaber le ha scritte molti anni fa ma la musica che le accompagna è quella recente dei La Crus, che hanno reinterpretato questo piccolo capolavoro, questa illogica allegria.

Da solo lungo l'autostrada
alle prime luci del mattino...
a volte spengo anche la radio
e lascio il mio cuore incollato al finestrino...
Lo zaino è in spalla e non incontro nessuno lungo il sentiero che sale ripido sino alla base della parete. Preparo il materiale, ogni gesto è necessario ed essenziale, ogni cosa che appendo all’imbrago o ripongo nello zaino è indispensabile e ha una sua funzione. Inizio a scalare, i movimenti diventano presto fluidi. La roccia è compatta e sana, un calcare grigio che presto si impenna. La parete è generosa ed offre buchi ed erosioni di ogni foggia e dimensione. La via è conosciuta e le protezioni sicure. È una meraviglia sentirsi esattamente a proprio agio e godere del vento e del sole che ti accarezzano, mentre in solitudine arrampico su questa montagna.
 
E sto bene...
sto bene come uno che si sogna...
non lo so se mi conviene
ma sto bene, che vergogna...
Io sto bene...
proprio ora, proprio qui...
non è mica colpa mia se mi capita così...

Lunghezza dopo lunghezza, scendo a recuperare il materiale e lo zaino e ogni volta ricomincio a salire. Mi piace scalare, cercare la soluzione in quel rebus di appigli ed appoggi, trovare la giusta sequenza di movimenti, che sia adatta al mio corpo e alle mie forze, e vedere il vuoto che si apre tra i miei piedi. Una strana sensazione di benessere si espande dalla mente a tutto il corpo. Godo del silenzio che mi circonda, popolato da mille suoni: il frusciare del vento sulla roccia, il richiamo dei gracchi tra i torrioni, il fischio delle marmotte che riecheggia tra le pareti, il lontano scampanare di una mandria al pascolo che risale lungo la valle. Mentre arrampico, senza accorgermi, mi ritrovo nuovamente a canticchiare e sorrido.

E' come un'illogica allegria
di cui non so il motivo, non so che cosa sia...
E' come se improvvisamente
mi fossi preso il diritto
di vivere il presente...
Prima dei risalti finali, mi fermo un attimo e, mentre osservo il mondo che mi circonda, mi godo questo momento di intenso piacere. Decido di scendere. Quattro calate in corda doppia mi portano velocemente alla base della parete. Mi siedo nell’erba e senza fretta metto ordine nel materiale e preparo lo zaino. Le voci di alcuni escursionisti mi giungono dal sentiero  sottostante. Chissà cosa si raccontano e gusto ancora per un attimo il silenzio che mi avvolge.
Prima di mettermi lo zaino in spalla ed iniziare a scendere a valle, osservo ancora una volta il panorama e mi torna alla mente una frase letta la sera prima in un romanzo e che mi aveva colpito: “Sembrava osservare il panorama. In realtà, si guardava dentro.”

 

domenica 15 luglio 2012

IN TERRA STRANIERA

Ore 6. Appuntamento con gli amici. 
Obbiettivo: una vietta in Presolana. 
Viva l'ottimismo. Il cielo è plumbeo, il fiume Serio è gonfio d'acqua torbida e a bordo delle strade grandi pozzanghere ci lanciamo messaggi subliminali. 
Viva l'ottimismo e viva gli zucconi. A Clusone piovicchia ed il cielo è nero, forse è meglio volgere le nostre attenzioni verso altri lidi. 
Terre straniere ed incognite ci attendono, con le loro nebbie, i temporali, i nuvolini di panna ed il cielo blu. 
In terra straniera hanno goduto di sei meravigliosi monotiri di 30 metri ed oltre. 
Poi è arrivato il sole ed è stato solo caldo. 
Soddisfatti siamo tornati a casa.







mercoledì 11 luglio 2012

PICCOLE STORIE #2


Dove e’ piu’ leggero esistere
Dolce e’ vivere nell’aria …
Per un momento io lascio la vita sospesa negli angoli
E mi abbandono all’umana paura di essere liberi

Patrizia Laquidara  “L’equilibrio è un miracolo”

Sospeso

Ciò che facciamo ciò che raccontiamo non assume un valore direttamente proporzionale alla difficoltà del cammino intrapreso. La scalata più difficile sulle pareti più impegnative delle Alpi, se raccontata male, non susciterà emozione alcuna nel lettore. La passeggiata più semplice nel bosco dietro casa, se raccontata onestamente, potrà diventare una bella e piccola storia purché sappia veicolare emozioni.
Non è obbligatorio essere scrittori e non è necessario avere affrontato grandi imprese, si può essere persone comuni con il semplice desiderio di condividere lo stupore che si prova tra i monti. A patto che ci si lasci guidare dalla passione, dal rispetto delle persone e dei luoghi che ti hanno donato una storia, dall’attenzione verso il lettore sconosciuto a cui la si vuole restituire. Nel raccontare storie si diventa come funamboli, sospesi in equilibrio sul filo di un patto non scritto con la fonte ed il lettore, in cui si deve cercare di essere eticamente corretti ed esteticamente piacevoli. Prendendosi la responsabilità di fare emergere l’unicità della storia, per restituirne a tutti la bellezza, decidendo cosa illuminare e cosa tenere in ombra, cercando di essere autentici e non per forza obiettivi.
Scalare sui monti o tra le parole richiede lo stesso impegno. Salire facili creste o difficili pareti, scrivere pensieri o un lungo racconto, sono azioni che regalano soddisfazione ed appagano. Quindi il piacere non risiede nella difficoltà del cammino intrapreso ma nella sensazione d’equilibrio che riusciamo a trarne e, soprattutto, a trasmette. Nella speranza che nasca il desiderio di fare un tratto di cammino al nostro fianco, nella luce del mattino che si insinua tra i monti o sfogliando pagine di carta che ancora odorano d’inchiostro.
Buon Cammino