giovedì 22 settembre 2016

CAMMINARE SULLE ACQUE ALTE

CAMMINARE SULLE ACQUE ALTE
Con Cristian Riva ai laghi di Valgoglio

“Adoro la montagna. Risalire lentamente i suoi ripidi versanti, percorrere quei tortuosi sentieri tra i fitti boschi e le ampie distese prative. Adoro tutto ciò che l’avvolge e la rende speciale. Con la fotografia mi illudo di rubare l’emozione di quel preciso momento vissuto sui monti, un’emozione che porterò sempre con me.” Cristian Riva


Ieri abbiamo camminato nelle terre alte o per meglio dire sulle acque alte. Nove i laghetti che abbiamo lambito con i passi e sfiorato con lo sguardo. Quattro i compagni di cammino: Cristian, Marco, Camillo e Michele. Millecentocinquanta i metri di dislivello macinati dalle gambe, tredici i chilometri percorsi al battito del cuore e cinque le ore in cui i polmoni hanno prelevato ossigeno dal cielo. Questo è stato il nostro giro dei laghi di Valgoglio, lungo un sentiero che si srotola ad anello, seguendo un percorso che dalle fitte abetaie ci ha proiettato oltre le bastionate rocciose al cospetto del Monte Pradella ed affacciati sulla Valle Seriana.
Un luogo fatto di acque e rocce, dove il fascino degli spazi naturali si è fuso con gli evidenti segni che l’uomo ha lasciato, al fine di sfruttare la forza generatrice dell’acqua: condotte, dighe, case dei guardiani, canali, tralicci. Un luogo da narrare che è cornice di una storia, un modo insolito ma familiare per raccogliere il racconto di una passione e di una vita.
Questo è accaduto ieri ed oggi sono qui davanti allo schermo luminoso del mio portatile per ripensare e dare forma alle intuizioni che ho avuto mentre i miei passi erano i suoi, mentre il mio sguardo era il suo. Digito il suo nome in un motore di ricerca e vado diritto sul suo sito, una home-page elegante con una intestazione semplice ed efficace “Cristian Riva - Sui sentirei con lo zaino ed una reflex” proprio di Cristian vi voglio raccontare. Già da una prima occhiata appare chiaro che il nucleo della passione è lo sguardo che lui ha sul mondo e il desiderio di trasmettere, con l’esattezza e la precisione dell’immagine fotografica, l’emozione di un istante. Nel sito di istanti ce sono centinaia perché, ad uno sguardo attento, centinaia sono le occasioni per raccogliere la meraviglia: dalle scalette che si inerpicano sui colli di Bergamo sino alle alte cime delle Orobie, dai borghi nascosti nelle pieghe delle vallate alpine ai panorami dolomitici. Sfogliando virtualmente le pagine si coglie una particolare attenzione per il dettaglio, un occhio attento sia allo scorrere delle stagioni che al restituire le vicissitudini della storia ed i segni che questa ha lasciato tra i monti. Navigo e mi perdo tra le pagine, continuo a sfogliarle. Sulle labbra mi affiora un sorriso quando ritrovo una citazione di Walter Bonatti, una di quelle frasi che conosco e che sento anche mia “Da quassù il mondo degli uomini altro non sembra che follia, grigiore racchiuso dentro se stesso”. Cristian, ovvero la persona che emerge da queste pagine, è esattamente la stessa persona che ieri camminava al mio fianco, una combinazione di sensibilità e di attenzione. Tra le pagine trovo il racconto della gita ai laghi di Valgoglio, esattamente il nostro percorso di ieri, leggo ed osservo le immagini, vengo rapito e mi ci perdo dentro, ogni scatto racconta e conduce in quei luoghi sospesi. Il reale si è fuso al virtuale, il cammino e il sudore di ieri nella placida navigazione di oggi, il cielo terso e i riverberi delle acque nella luce azzurrognola riflessa dallo schermo del pc nel buio della mia cucina. In questo gioco di rimandi i miei pensieri si perdono e inizio a dubitare che tutto ciò sia accaduto e mi chiedo se io lì ci sono stato veramente. Ecco che la mia attenzione viene richiamata dal tasto “Libro di vetta”, sposto il cursore e faccio un click. Si apre una pagina in cui è possibile lasciare un proprio pensiero, lì trovo la conferma che tutto è accaduto e che il nostro cammino ci ha portato realmente a specchiarci in quegli occhi liquidi aperti verso il cielo: “Ilaria – Mercoledì, 09 Settembre 2015 – 12:53 – Abbiamo avuto la fortuna di incontrarti durante il giro dei laghi di Valgoglio, ti ringraziamo ancora per essere sempre una grandissima fonte di ispirazione! Ilaria e Alex”. Ieri effettivamente abbiamo incontrato Ilaria e Alex e queste due semplici righe restituiscono pienamente il senso della passione di Cristian. Passione che non è solamente il motore di questa sua costante tensione verso le montagne, mosso dal desiderio di fermare il tempo in un click, ma è anche voglia di condividere questo bagaglio di emozioni. Condividere tramite il web per essere stimolo ad altri affinchè, incuriositi dalle proposte e ammaliati dalle sue immagini, si infilino lo zaino in spalla per ripercorrerne i medesimi passi.
Se nove sono i laghi non potevano essere che nove gli spunti per chiacchierare durante il cammino con Cristian.
Si prende il via dalla località Bortolotti, la condotta forzata indica il cammino, la seguiamo, ed oltre il bosco si supera la bastionata rocciosa per giungere al pianoro dove sorgono le costruzioni dei guardiani delle dighe. Ci concediamo una breve sosta e mentre ripartiamo chiedo a Cristian da dove nasce la passione per la montagna. “Forse da sempre! – esordisce - Da piccolo, volente o nolente, “dovevo” seguire i miei genitori nelle classiche camminate verso il Calvi e i Gemelli. Poi, nel mezzo dell’adolescenza, trascorrevo le vacanze estive sull’altopiano di Selvino, punto di partenza per quelle che allora mi parevano le cime più alte del mondo: le Podone, la Cornagera, la Filaressa, il Pioeto ed il Purito. Lentamente, senza che me ne accorgessi, la passione dei miei genitori è diventata anche la mia. Ora, come fosse un “testimone”, la passione per la montagna è qualcosa che sto cercando di trasmettere anche alle mie due figlie, Valentina e Giorgia di 20 e 13 anni. Con loro, e naturalmente con mia moglie, ho ripercorso gli stessi sentieri di un tempo, verso i rifugi, verso il Calvi ed i Gemelli.”
Proseguiamo e la traccia torna ad essere ripida ci alziamo di quota e sotto di noi si scorgono lo Stagno Molta e il lago Resentino. In fila indiana proseguiamo diretti alla Capanna Giulia Maria, oggi siamo in tanti e tutti abbiamo voglia di chiacchierare. È fuori di dubbio che è meglio muoversi in compagnia, anche per motivi di sicurezza, e solleticato sul tema della solitudine ecco cosa ci racconta Cristian: “Scelgo spesso la camminata solitaria. Pur non disdegnando la compagnia, che molto spesso mi ha permesso di imparare moltissimo dagli altri. Però camminare da solo mi regala un qualcosa in più che altrimenti andrebbe perso. Adoro quel costante silenzio dal quale affiorano pochi e preziosi rumori, quelli che la quotidianità non mi permette di ascoltare. Il suono del vento che asciuga il sudore, quello dei passi tra le foglie d’autunno, il rumore della natura che si risveglia o il frusciare improvviso di un animale selvatico in fuga. Ma il suono più prezioso è quel rumoreggiare interiore, fatto di domande e risposte, di riflessioni sospese che solo il camminare in solitudine fa emergere dal tuo profondo”
Mentre procediamo verso il lago Canali, sulle cui sponde sorge la Capanna Lago Nero, l’incontro con Ilaria e Alex, sposta il discorso sul perché avverte questo bisogno di raccontare e condividere le proprie emozioni. “È talmente esplosiva la carica che accumulo durante un’escursione, dalla semplice passeggiata lungo le scalette di Bergamo, sino al tetto orobico del Pizzo Coca, che mi è impossibile tener dentro di me tutto questo “ben di Dio”. Per evitar di esplodere, devo condividere e rendere partecipe chiunque di questa bellezza e felicità.” Presso il lago Nero ci fermiamo e mentre ci guardiamo attorno e lasciamo che il sole asciughi il sudore, si parla delle montagne di mezzo mondo su cui abbiamo camminato e arrampicato: “La bellezza e la felicità di cui parlavo,- afferma Cristian - non le si trova per forza i capo al mondo o chissà dove, ma sono proprio qui vicino, dietro l’angolo a due passi da casa. Bisogna solo guardarsi attorno e lasciarsi stupire. Guarda che meraviglia questo lago, sembra un diamante nero incastonato tra le rocce.”

Un attimo di silenzio e si riparte. Al lago di Aviasco tocchiamo il punto più alto dell’escursione. Togliamo gli zaini dalle spalle e ci concediamo uno spuntino mentre i discorsi continuano e le voci si accavallano. Immancabilmente si parla delle cime scalate e dall’intima soddisfazione che questo gesto regala: “Ogni vetta, - racconta Cristian - facile e o difficile, mi regala sempre pochi metri di spazio e qualche brandello di tempo che, anche se scomodi e fugaci, mi fanno sentire seduto su un trono proiettato sul Creato. Un trono dove mi siedo con rispetto rivolto verso quell’azzurra ed irraggiungibile lontananza, immensamente appagato e soddisfatto, emozionato e gioioso.” È ora di ripartire  e ci attendono ancora quattro laghi, il primo che incontriamo è il lago Campelli Alto, anche qui si vede con evidenza il lavoro dell’uomo, quello dei pastori che si spingono sino qui con le greggi e quello per la costruzione degli sbarramenti e della canalizzazioni. “Vedi – mi dice – questi, come gli altri luoghi che attraversiamo spesso raccontano storie, storie di fatica e di lavoro, storie che si perdono lontane nel tempo e storie recenti fatte di amore e di fede. Però stiamo perdendo la capacità di leggerne i segni, troppo presi dai ritmi convulsi che la nostra società ci impone”. Mentre si chiacchiera arriviamo sulle sponde del piccolo lago Campelli Basso, sembriamo dei collezionisti anche se restiamo convinti che ciò che conta sia la qualità del cammino: “Ciò che cerco ogni volta sono dei colli e delle cime adeguate alle mie possibilità e in grado di darmi buone e ricche soddisfazioni. Non amo le competizioni.” Poco oltre inizia la scalinata ricavata nella roccia che scende ripida al lago Cernello e all’omonima baita gestita dal Cai di Alzano Lombardo. Con questa luce, propria degli ultimi giorni d’estate, e l’aria tersa dell’alta quota, di fronte a noi si apre un panorama strepitoso e il massiccio della Presolana, inconfondibile, segna l’orizzonte. “La vedi? – mi chiede – La Presolana è la montagna del mio cuore, senza alcun dubbio. La cerco con lo sguardo dovunque mi trovi, non solo sulle alte cime delle Orobie ma anche dal luogo di lavoro. Dovunque io sia lei resta per me un punto di riferimento, la mia casa!” 



Al rifugio ci fermiamo per un’ultima sosta, prima di scendere al lago Sucotto e da lì rientrare a Valgoglio. Prima di avviarci chiedo a Cristian un’ultima cosa “Oltre il sentiero, cosa cerchi?” ci pensa un attimo e poi: “Cerco ciò che è bello e può rendermi felice. Un amico prete, Don Diego, durante una telefonata, nel corso della quale stavamo prospettando l’idea per una uscita montana insieme, mi disse una cosa semplice, forse banale, ma per nulla scontata e che mi è sempre rimasta dentro: …dobbiamo circondarci del bello, di ciò che ci rende felici e gioiosi, solo così potremo a nostra volta regalare un sorriso e donare felicità …”

Pubblicato su "OROBIE" - 2016

Per conoscere Cristian Riva www.cristianriva.it

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