venerdì 4 novembre 2016

15#PICCOLESTORIE

SCRIVERE E' UN PIACERE – Nella casa dell’infanzia


Nella mia infanzia c’era un oggetto meraviglioso che era strumento di vere e proprie magie, permetteva di portare a compimento i desideri. Non tutti, solo qualcuno. A pensarci ora mi viene da sorridere e mi pare anche un poco ridicolo, questo ricordo. A pensarci bene non saprei nemmeno perché la frase “nella casa dell’infanzia” abbia fatto emergere questo specifico ricordo. Vediamo un poco da che parte iniziare. Della cucina calda e della sala - regno del gelo - già sapete tutto. Ora immaginatevi due cose: le lancette della sveglia appoggiata sul frigorifero, che si avvicinano inesorabilmente alle 4,30, e un pistolino di sei, sette anni, anche un poco cicciottello, che chiede alla mamma di potere vedere la televisione. Ok, cambio di scena.
“Posso vedere la televisione?”. La mamma lancia uno sguardo attraverso lo specchio e dice: “Va bene! Ma stai attento”. Io piccino dalla cucina entro in sala e mi avvicino alla TV, qualcosa di gigantesco che incombe e se ne sta appoggiata su un carrello di legno e metallo dotato di quattro rotelle. Il compito che mi appresto a svolgere è di grande responsabilità – o per lo meno così lo percepivo -  trascinare al caldo della cucina il carrello e la sovrastante televisione, senza fare alcun danno. Carrello e TV se ne stanno incastraste tra due mobili nell’angolo opposto alla porta che unisce i due locali. L’impresa è di notevole impegno e il tragitto tortuoso e stretto, guai seri mi attendono se rovino le cose belle della sala. Con attenzione faccio scorrere il carrello in avanti per potere infilarmi tra l’apparecchio e il muro, quindi stacco la presa della corrente e quella dell’antenna, per fissarle al carrello. Di spingere il carrello non se ne parla nemmeno, questo se ne andrebbe in ogni direzione ad urtare i mobili, quindi lo tiro. Le rotelle sono piccine e fanno le bizze, quando incrociano le fughe delle piastrelle sono sempre pronte a cambiare direzione. Non senza preoccupazioni riesco a percorrere il lato lungo della sala, tra il tavolo e l’armadio basso con lo specchio. Ora devo affrontare un angolo a 90° e poi mi attende il lato corto, dove per mia fortuna non ci sono i mobili ma solo – si fa per dire – il tendaggio che copre la finestra. Percorro il secondo rettilineo e finalmente imbuco la porta, per ritrovarmi in cucina. Ora attacco la spina alla presa della corrente, posizionata vicino alla porta, e stacco dal carrello il rotolo del cavo bianco e semirigido, che il papà ha tagliato della lunghezza esatta, lo stendo ripercorrendo la strada fatta e lo collego alla presa dell’antenna TV. Ecco fatto! Anche questa volta non ho combinato danni. Anche questa volta, dopo avere chiuso la porta della sala. facendo attenzione che il cavo tv non si schiacci, accendo la televisione appena in tempo per godermi “Le avventure di Ciuffettino”.
A volte, ricordo, che mi aiutava anche la mia sorellina, soprattutto per fargli fare la curva, a quel benedetto carello pronto ad andare a sbattere contro i mobili. E poi ricordo che pure la mamma, riposizionato lo specchio e senza smettere di lavorare alla tagliacuce, si godeva la trasmissione. Noi ce ne stavamo seduti al tavolo o sdraiati a terra, sopra i sacchi pieni delle pezze di scarto del lavoro di mamma. Quando Ciuffettino era nella casa del Lupo Mannaro io avevo anche un poco di paura, ma ero grande e non potevo darlo a vedere.


La televisione era certamente una bella cosa ma senza quel carrello col cavolo che avremmo potuto vedere la “Tv dei Ragazzi”. Poi arrivava l’estate e il carrello tornava prepotentemente protagonista, in occasioni particolari, grazie a lui, era festa. Dalla sala si portava il divano sotto il portico, così come le sedie dalla cucina. Si apriva la finestra, che dalla sala si affacciava sul portico, e il carrello, con la sua inseparabile televisione, usciva dall’angolo tra i due mobili e percorreva il tragitto: lato lungo e mezzo lato corto, sino ad affacciarsi alla finestra. Arrivavano pure i cugini e gli zii, non ricordo cosa si guardasse, non era importante, ma l’aria di festa quella la ricordo bene. Magico carrello, chissà che fine a fatto. Ora chiamo la mamma, che sicuramente mi saprà dire qualcosa e certamente si ricorderà un sacco di altri dettagli. Già che ci sono, proverò a chiedere se anche a lei “Le avventure di Ciuffettino” facevano un poco paura.

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