martedì 5 dicembre 2017

40 #PICCOLESTORIE - Rimbambito

“Sai una cosa, disse. Con gli anni stai diventando un po’ rimbambito, lo sai? 
Be’, dobbiamo pur divertirci, no? 
Dobbiamo pur divertirci in qualche modo nella vita.”
Kent Haruf – Crepuscolo

Scendo dal furgone e la figlia di uno degli amici mi squadra da capo a piedi. “Ciao!” Esclamo. Ma capisco che qualcosa non va e mi faccio zitto, immediatamente. Lei, la piccola, lancia uno sguardo severo e di sufficienza, e dice: “Perché sei in giro solo con i calzini? Non si cammina per strada senza scarpe!” Sembra quasi che scuota un poco il capo in segno di disapprovazione. Poi, alzando gli occhi al cielo, guarda suo papà con un’espressione che sembra quasi un rimprovero, anzi certamente è un rimprovero, come a dire: “Babbo! Ma che razza di amici hai? Sono proprio strani. E fanno cose strane.” Abbasso lo sguardo e osservo i miei piedi, muovo le dita dentro le calzette a righe, nere e verdi, come volessi farli sprofondare e nascondere nella sabbia. Ma quello che calpesto è l’asfalto di un marciapiede, non la sabbia di una spiaggia, e i piedi non scompaiono anzi sono ancora più buffi e fuori luogo. Intanto lei, la bimba, continua ad osservarmi severa, attendendo una spiegazione. Le sorrido mentre dico: “Ho le scarpe fradice. Le ho bagnate pedalando nella neve, e questi erano gli unici calzini asciutti che mi sono restati”. La risposta non la soddisfa, lo si percepisce con evidenza, non so come darle torto. Anche perché la risposta esatta sarebbe un’altra. “Vedi piccola, tu non hai di fronte una persona adulta, matura e responsabile. Tu hai di fronte un pirlone che a dicembre, con il primo gelo e con la prima neve, va a farsi un giro in mountain-bike con le scarpette leggere ed i calzini di cotone, per giunta senza un paio di scarpe di ricambio, nemmeno nel furgone. Un vero genio a cui la sua mamma direbbe – A tà ma some'et prope  ù rembambit!” Però questo non glielo posso raccontare, perché mi sento come un monello colto con le mani nella marmellata, anche se ho già passato da un bel poco i cinquanta, anche se mi è chiaro che la bimba mi ha sgamato. Come mi sgamava sempre mia mamma quando me ne tornavo a casa intirizzito, dopo un pomeriggio a giocare nella neve, e cercavo di convincerla che non avevo freddo e non ero neppure bagnato, magari solo un poco, ma poco poco; anche se in realtà ero fradicio sino alle mutande e mi sarei cacciato nella stufa pur di scaldarmi velocemente. Quindi, ora, non mi resta altro che abbozzare e sorridere alla bimba che, nel frattempo, si è già distratta con il babbo. Lui, il babbo, cioè il mio amico, le fa vedere come nel furgone, se togli la bici, c’è pure il letto per dormire, il posto per cucinare e anche il bagno. Lei curiosa osserva e quando saluto gli amici, la saluto e le chiedo: “Allora! Ti piacerebbe fare una vacanza con il furgone? Se vuoi lo presto al babbo.” Lei mi guarda e, con uno sguardo tra lo schifato e il distratto, risponde secca: “No!”. Abbozzo per la seconda volta e con la coda tra le gambe, i piedi senza scarpe e ormai tornati freddi, risalgo sul furgone e riparto. Mentre guido con una mano tocco le scarpe, posate lì a fianco, sono ancora fradice. Alzo il riscaldamento al massimo e apro solo le bocchette che soffiano aria calda verso il basso. La musica riparte e penso. Penso alla neve che mi ha infradiciato le scarpe e le calze. Penso ai riflessi del sole sulle acque del lago. Penso al gelo fottutissimo che mi ha morso i piedi durante tutta la discesa. Penso al cielo blu che incorniciava montagne da cartolina. Penso alle ruote della mia bicicletta che si aprivano una traccia nella crosta bianca. Penso allo stupore che si rinnovava ad ogni passo, ad ogni pedalata. Penso a quel misto di neve, terra e foglie che schizzava in ogni dove al passaggio della bicicletta. Penso alle battute di Stefano e al piacere di essere in compagnia. Penso ai tentativi maldestri di controllare le traiettorie in curva e sul ripido. Penso alle mille foto scattate. Penso alle due capriole, finite in un letto morbido e freddo di foglie e neve. Ho ripensato anche a quante volte mi sono ripetuto: “Sei un vero rimbambito, ma cosa avevi in testa quando hai scelto queste scarpe leggere?”. Anche se sono state molte di più le volte che, meravigliati e felici, con il mio compagno di avventure ci siamo detti: “Ma quanto bello è questo posto? Ma quanto bello è pedalare nella neve?”
Diamine! Sono già arrivato al parcheggio. Ora queste cazzo di scarpe fradice mi tocca proprio rimetterle, anche solo per salire le scalinate del borgo. Le infilo con circospezione e mi incammino verso casa. Un sorriso da rimbambito mi si stampa sulle labbra.

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